Che stringano e facciano il solletico al collo d'estate lo sappiamo tutti. Che poi ricordarsi di allacciarle, a volte, non sia così scontato pure. Tuttavia nonostante qualche fastidio che ci possono provocare, loro, le cinture di sicurezza, sono davvero un accessorio indispensabile nella nostra auto e non solo perché c'è un Codice della Starda che lo prescrive, ma soprattutto perché queste fasce salvano ogni giorno la vita a migliaia di autisti.
1. Cinture di sicurezza: la storia
Come per tutte le grandi invenzioni, anche delle cinture di scurezza non ne furono comprese subito le potenzialità, ed è per questo che vogliamo ripercorrerne la storia e le caratteristiche. Nate già agli inizi del ‘900, vengono considerate per più di 40 anni come un mero optional per la propria vettura. Come vedremo, bisognerà aspettare gli anni ‘60 affinché case di produzione e conducenti ne comprendano la reale importanza e i due decenni successivi perché i vari Paesi le rendano obbligatorie.
Primi del ‘900: nasce la cintura di sicurezza
La storia delle cinture di sicurezza ha inizio nei primi del ‘900 quando vengono brevettate, in cuoio, per offrire agli autisti dell’epoca maggiore sicurezza. In realtà la lentezza di questi veicoli e la diffusione ancora di nicchia delle vetture non consentono di metterne in risalto loro vera utilità. Lo status della cintura continua infatti a rimanere, per diversi anni, quello di un accessorio “in più”.
Anni ‘50: dalla Formula 1 senza cintura a Nils Bohlin
La cintura di sicurezza continua ad essere un mero optional: basti pensare che negli anni ‘50 piloti leggendari come Fangio, Ascari e Farina sfrecciano sulle piste della Formula 1 senza essere minimamente allacciati al sedile. Nonostante ciò nel 1959 accade qualcosa di memorabile: l’ingegnere svedese Nils Bohlin, che dal settore aereonautico era passato a dirigere il reparto di sicurezza della Volvo, progetta quella che sarà la cintura di sicurezza installata in tutte le automobili di serie nei decenni a venire: la cintura a tre punti.
Anni ‘60 e ‘70: la cintura di sicurezza diventa obbligatoria
Nonostante l’invenzione di Bohlin, le cinture di sicurezza continuano a rimanere un optional non essendoci ancora una legge che ne regoli l'utilizzo. Per fortuna, nel 1966 e a seguito di diversi studi che ne mostrano l’importanza, la Repubblica Ceca decide di renderle obbligatorie aprendo la strada ad altri Paesi come la Danimarca (1970), la Francia (1973) e la Spagna (1974). Nel 1975 si aggiungono anche Belgio, Finlandia, Olanda e Svezia e nel 1976 la Germania; e l’Italia? (Vi starete chiedendo).
Nonostante l’importanza della materia, il Bel Paese ci mette ben 12 anni a legiferare. Le cinture di sicurezza diventano obbligatorie per il conducente solo nel 1988 e nel 2006 anche per i passeggeri.
L’articolo 172 del Codice della Strada regola l’utilizzo delle cinture di sicurezza per adulti e bambini definendolo obbligatorio per conducente e passeggeri. La multa prevista per chi non non si attiene alle regole va dagli 81 a 326 euro a cui va aggiunta la perdita di cinque punti della patente.
2. Cintura di sicurezza: i diversi modelli
La storia della cintura di sicurezza non riguarda solo il riconoscimento della sua importanza da parte di esperti e non, ma anche quella della sua struttura. Più la cintura guadagna credibilità, più se ne studia la forma. Quelle che utilizziamo oggi sono infatti il frutto di anni di ricerca e sperimentazioni in campo: ne sono prova i diversi modelli che si sono succeduti. Partiamo subito dal primo.
La cintura a due punti orizzontale
Questa cintura di sicurezza, detta “a due punti” o subaddominale, è la prima ad essere stata installata nelle vetture e, nonostante la sua anzianità, è ben lontana dal pensionamento: la cintura a due punti viene infatti utilizzata ancora oggi in tutti gli aerei di linea. Un punto debole? Fasciando solo i fianchi e il bacino non garantisce protezione al busto che resta quindi esposto in caso d'urto.
La cintura a due punti diagonale
Un’altra tipologia di cintura diffusa molti anni fa era quella a due punti diagonale che sosteneva il busto da una spalla al fianco opposto ma non garantiva la massima sicurezza al conducente contro eventuali urti. Sicuramente minimalista nella sua estetica, ha lasciato ben presto posto ad una cintura un poco più complessa ma cento volte più sicura.
La cintura a tre punti
Si sa che il tre è il numero perfetto: unendo la cintura a due punti orizzontale a quella a due punti verticale l’ingegnere Bohlin da vita nel 1959 alla cintura a tre punti. Grazie a questa unione quasi aritmetica riesce a creare quella che è ancora oggi la cintura di sicurezza più diffusa in tutte le auto di serie, proprio perché capace di sostenere contemporaneamente busto e bacino in caso di urto.
Forse non sapevi che....
Il bisogno di brevettare una cintura di sicurezza davvero efficace nasce da uno studio condotto negli anni ‘50 dalla compagnia svedese Vattenfall sugli incidenti sul lavoro dei propri dipendenti. La ricerca rivelò che la maggior parte degli incidenti aveva luogo mentre i dipendenti si trovavano in macchina. I risultati furono presentati alla Volvo mettendo in moto la progettazione della cintura a tre punti.
La cintura a quattro punti
Il sistema a tre punti si è evoluto dando origine a quello che oggi si utilizza principalmente nelle auto da corsa: la cintura di sicurezza a quattro punti. Espressione massima della sicurezza, questa cintura aggiunge il sostegno subaddominale a quello del busto, garantendo ai piloti la massima aderenza al sedile.
3. Le componenti della cintura a tre punti
Ciò che chiamiamo comunemente cintura di sicurezza è in realtà composta da ben 8 parti, ciascuna delle quali svolge una funzione mirata e porta un nome tecnico preciso. Vediamo assieme l’anatomia della cintura a tre punti:
- Cinghia: fascia, serve a trattenere il corpo di chi le indossa.
- Riavvolgitore: permette di srotolare la cinghia.
- Regolatore: consente di regolare la giusta altezza della cintura.
- Ancoraggi: scatolina nera con il pulsante arancione.
- Linguetta di aggancio: parte in metallo che va inserita nell’ancoraggio.
- Anello oscillante: sul lato del veicolo, permette alla cinghia di scorrere.
- Fibbia di chiusura: fessura in cui inserire la linguetta di aggancio.
- Pretensionatore: consente alla cintura di rimanere tesa in caso di urto.
Un’altra componente della cintura, benché non strutturale, è il suo set di numeri e dati distintivi. Ogni cintura dev’essere infatti omologata e, secondo la legge italiana, ricevere il numero identificativo del Paese di omologazione (ad esempio E3 per Italia, E1 per Germania), il numero di omologazione della CEE, quello assegnato dall’ECE-ONU e l’informazione relativa allo Stato in cui è stata prodotta fisicamente (ad esempio made in France).